Zaradi potrebe, da se našim bralcem nudi popolna informacija o stališčih tržaških komunistov glede “afere Furlanič”, objavljamo v celoti posege tovarišic Elene Legiše in Brune Zorzini ter tovariša Petra Behrensa na tiskovni konferenci v Trstu.
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ELENA LEGIŠA, pokrajinska svetnica Zveze levice.
Predvsem izržam popolno podporo in solidarnost tovarišu Iztoku Furlaniču.Glede slovenščine… ni minilo mnogo časa odkar smo v pokrajinskim svetu odobrili nov statut, ki je končno popravil krivico, da lahko pokrajinski svetniki, če želijo posežejo v svojiem materinem jeziku. Vse to nismo dosegli automatično, a smo zato smo porabili ure in ure na raznih sejah, večkrato pozno v noč, saj za nekatere je bilo to nepotrebno.Ne morem pozabiti kako težko je bilo izglasovati postavitev dvojezične table Trieste Trst (4 male črke abecede) na pokrajinski sedež, en svetnik desne sredine nas je prepričeval da to lahko storimo a v Bazovici ali Sesljanu, ne v centru mesta in prav tu tiči problem, nas prepričujejo, da so prijatelji Slovencev a na koncu ko se dodatknem Slovenščine in Slovencev v Trstu, se priajteljstvo konča. Danes tudi tržaška desnica priznava da obstajamo Slovenci, celo nam dovoljuje da govorimo naš jezik, a važno da je to v rezervatu na Krasu, ne smemo jim omaleževati italijanskega centra in prav glede tega se mi zdi prav da spomnim da Slovenci so bili od vedno del avtohtonega prebivalstva in so živeli tudi v samem središču mesta…Žiga Zois se je rodil v Trstu ne na Krasu; ljudsko štetje v začetku prejšnjega stoletja je jasno pokazalo da je živelo v mestu Trst številčno več Slovencev kot v Ljubljani. Nekateri nas hočejo prepričati da ima to mesto veliko drugih problemov, posebno v tem obdobju hude krize in da uporaba slovenščine je nepotrebna potrata javnih sredstev, ki bi jih lahko uporabili za kaj bolj nujnega, s tem se ne morem strinajti, saj so ta sredstva zajamčena za urestničetv zaščitnega zakona, ki bi v vsaki normalni-demokratični državi moral bit sprejet že pred tolikimi leti. Glede zgodovine sem brala v teh dneh, da se gleda nazaj , a sem prepričana, da nas prav predlogi kot je ta, za postavitev table v spomin na 12.junij primorajo, da se uzremo ponovno v našo preteklost, saj ni mogoče gledati naprej in dopustiti da se zgodovina pretvarja, ne glede komu paše in komu ne , dejstvo je da je Jugoslovanska partizanska vojska kot zaveznica Angloameriške, osvobodila izpod nacifašističnega jarma Trst. Če partizanov in antifašistov, ki so se uprli nacifašizmu bi ne bilo, danes se ne bi govorilo o preblemu uporabe Slovenščine, ker Slovencev v Trstu ne bi bilo več. V spomin mi prihajajo besede pokojnega tovariša-partizana prekomorca Oskarja Kjudra, ki se je spraševal: če sem bil rojen v Trstu, moji predniki so bili rojeni v Trstu, od vedno sem bil tu doma, kako lahko jaz okupiram moj dom? Na žalost nas primorajo da se oziramo nazaj v preteklost, edino to nam preostane če nočemo dopustiti da zgodovino potvarjajo po svojih potrebah , poleg tega menim da bi morali po vseh šolah razdeliti dijakom poročilo italijansko-slovenske zgodovinske komisije, ki je resno in strokovno preučila tisto obdobje. Mislim da ni Furlanič odprl politično vprašanje in začel polemiko, temveč vsi tisti svetniki leve in desne sredine, ter gibanja petih zvezd, ki so podprli desničarski predlog ( gospoda, ki je pred leti, kot občinski odbornik zbrisal slovenščino na Baviseli) za postavitev plošče v spomin na 12. junij 1945 ko je partizanska jugoslovanska vojska zapustila Trst. Morda, bi nekateri želeli, da bi tudi on sklonil glavo in se naredil kot da se ni nič zgodilo, ter požrl ta grenki pelin kot smo morali tekom let večkrat požreti mnogo stvari glede preteklosti tega našega prelepega mesta, kaj smo res taki utopisti, če smo prepričani in zahtevamo da je Trst tudi naš!
BRUNA ZORZINI, segretaria provinciale Partito dei comunisti italiani e sloveni
Ho incominciato il mio intervento sottolineando come le risposte date alla richiesta di iztok Furlanič di applicazione dell’art.9 della Legge 38/2001, sull’uso della lingua slovena nelle assemblee elettive, abbiano denotato scarsa conoscenza e poco rispetto delle leggi dello Stato, proprio da parte dei vertici delle Istituzioni a cui venivano rivolte. Da alcuni esponenti del centro sinistra nostrano questa richiesta è già stata bollata come demagogica ed atta a contrastare l’abbattimento di steccati e non rispettosa della politica del dialogo.
Nel corso del mio mandato in Consiglio regionale, l’allora Presidente della Commissione europea, Romano Prodi, venuto ad inaugurare l’apposizione della tabella quadrilingue su qual Palazzo, mi aveva avuto modo di dire invece come nell’ l’Europa del Terzo Millennio la lingua ufficiale avrebbe dovuto essere quella degli interpreti. E certo queste parole non venivano da un pericoloso estremista e nazionalista sloveno!!
In questo senso, esprimiamo vivo e solidale apprezzamento nei confronti del Presidente del Consiglio comunale per il modo in cui ha svolto il suo ruolo finora e per come in questi giorni si è mosso. Egli si è reso da sempre garante imparziale delle funzioni e compiti dell’istituzione che rappresenta. In questo senso il rispetto delle leggi derivanti da un dettato costituzionale, come la Legge di tutela della minoranza slovena stanno tutte in questo contesto!
Ora succede – che quando finora ha dimostrato accortezza e misurata prudenza nell’adempimento alle sua funzioni – venga ora citato per comportamento scorretto ed inappropriato – perchè si rifiuta di unirsi al coro di quasi tutti i membri del Consiglio comunale (consiglieri del Pd in primis) – quando manifesta il suo pensiero circa la lettura della storia della nostra città nell’immediato dopoguerra, non volendo approvare la delibera che stabilisce di celebrare un evento inesistente: la liberazione di Trieste da far risalire al 12 giugno 1945. Quasi come il diritto d’opinione e di espressione – sancito dalla Costituzione -dovesse venire negato ad una persona se ricopre un ruolo istituzionale!
Questa lettura distorta della storia ad uso politico, frutto di un compromesso deleterio, figlio dei nostri tempi, ci obbliga a ragionare in maniera che all’apposizione di una targa dedicata ai martiri di Basovizza si risponda appunto con un’altra che celebra la liberazione di Trieste il 12 giugno 1945. La revisione della storia, iniziata con l’incontro fra Fini e Violante continua il suo percorso.
Non importa se Trieste è stata di fatto liberata dai nazifascisti il primo maggio 1945 da parte di una forza armata alleata, come quella jugoslava, ora anche, importanti esponenti sloveni del Pd parlano di “due liberazioni”. Ma il 12 giugno 1945, chi ha liberato chi? La mistificazione della storia arriva al punto da far passare per liberazione della città la diversa delimitazione del nostro territorio amministrato da forze militari alleate che si compì quel giorno! Ci si dimentica dei moti del 1954 e l’unità con l’Italia avvenuta in quell’anno!
Fra l’altro, quando si parla dell’armata jugoslava alleata si parla di titini, non ho mai sentito nessuno parlare degli anglo americani, definendoli roosveltiani o churcilliani. Questo mi ricorda l’uso dispregiativo di altri appellativi con cui è avvezza a rivolgersi agli sloveni la destra triestina.
A questo punto doveroso e giusto che il Presidente Furlanič si distanziasse da un tanto ed al pari richiedesse – nell’ambito delle sue funzioni e come appartenente alla comunità slovena – la puntuale applicazione della legge di tutela. L’ultimo periodo di consigliatura è periodo di bilanci ed è anche il momento ideale per colmare lacune che in campo politico ed amministrativo una Giunta comunale sostenuta da una maggioranza che comunisti e sloveni hanno aiutato a vincere ha accumulato! In questo senso del tutto giustificate e non tardive le richieste formulate dal compagno Iztok Furlanic’ in questi giorni.
PETER BEHRENS, segretario provinciale di Rifondazione comunista a Trieste
PERCHÉ IZTOK FURLANIČ HA RAGIONE, DAL PUNTO DI VISTA STORICO, QUANDO DICE CHE IL 12 GIUGNO È UN EVENTO INESISTENTE?
Perché il 12 giugno 1945 ha significato semplicemente il passaggio da un’amministrazione civile (composta da cittadini di Trieste) che aveva sostituito quella militare jugoslava dal 17 maggio) ad un’amministrazione militare, angloamericana (dove, detto per inciso, dall’8/9/43 Trieste non era più sotto sovranità italiana ma annessa al Reich germanico).
Perché affermare, come fanno ad esempio Massimiliano Lakota o don Ettore Malnati, che nei “40 giorni di dominazione titina” sarebbero “spariti 4.000 cittadini mai più tornati” è del tutto falso, in quanto gli scomparsi della provincia di Trieste in quel periodo non ammontano a più di 500, esistono gli elenchi dei nomi che sono disponibili da anni (mentre coloro che parlano di quattromila, cinquemila, migliaia, eccetera, non hanno mai fatto i nomi di tutte queste persone che sarebbero secondo loro scomparse).
Perché delle persone che sono scomparse non si può, storicamente, parlare di “crudeltà titine”, in quanto ciò che è successo a Trieste è quanto è accaduto in tutta Europa (ed anche in misura minore rispetto ad altri territori) alla fine della guerra.
Perché dei 500 scomparsi circa una metà sono militari internati nei campi di prigionia, in Jugoslavia, come prevedono le leggi di guerra (esattamente come furono internati nei campi di prigionia britannici, statunitensi, francesi migliaia di soldati italiani), una guerra che la Jugoslavia non ha voluto, in quanto era stata aggredita dall’Asse di cui faceva parte anche l’Italia fascista, ed alla fine la Jugoslavia si è trovata a combattere come alleata delle potenze antifasciste, mentre l’Italia del Sud era considerata solo “cobelligerante”.
Perché un centinaio di altri “scomparsi” furono arrestati e portati in Jugoslavia per essere processati per crimini di guerra: di questi i nomi e le biografie sono noti da tempo, e se riconosciamo la validità del processo di Norimberga contro i criminali nazisti, dobbiamo riconoscere il diritto anche alla Jugoslavia di processare coloro che avevano commesso crimini di guerra di vario tipo, considerando che dato che l’Italia non ha mai avuto una propria Norimberga (con le conseguenze in termini di strategia della tensione che abbiamo visto) non è qualificata a criticare le Norimberghe altrui.
Perché delle vendette personali che vi sono state a Trieste come altrove non si può considerare responsabile personalmente il maresciallo Tito, né i dirigenti della Resistenza antifascista locali, anzi, come ebbe modo di riferire lo storico Mario Pacor, a Trieste il fenomeno della resa dei conti fu mitigato proprio dalla presenza istituzionale jugoslava:
“Fu così che agli operai insorti non fu permesso di procedere a quelle liquidazioni di fascisti responsabili di persecuzioni e violenze, a quegli atti di giustizia sommaria che invece si ebbero a migliaia a Milano, Torino, in Emilia e in tutta l’Alta Italia nelle giornate della liberazione e poi ancora per più giorni. – Non ce lo permettono – mi dissero ancora alcuni operai – pretendono che arrestiamo e denunciamo regolarmente codesti fascisti, ma spesso, dopo che li abbiamo arrestati e denunciati, essi li liberano, non procedono”.
(doc. in archivio IRSMLT n. 2227).
Pertanto riteniamo che le affermazioni del presidente del Consiglio comunale Iztok Furlanič siano del tutto legittime dal punto di vista storico e che chi chiede le sue dimissioni lo faccia meramente in maniera pretestuosa perché non vuole accettare la realtà storica e vuole continuare a creare divisioni ed odi in questa città che dovrebbe finalmente invece fare i conti col proprio passato per vivere in pace.