Una brutta storia …

All’orizzonte si palesò una proposta allettante. Ricordando Marco Polo, il veneziano, venne chiamata “La via della seta”. Che con la seta non aveva nulla a che fare. La Cina, ormai diventata grande potenza economica mondiale, proponeva un’integrazione euroasiatica attraverso flussi di traffici dal Pacifico verso l’Europa attraverso tre direttrici: l’artica, quella continentale e quella dei mari caldi.

La città nel golfo venne scelta come snodo portuale di questa Via della seta. I traffici potevano raggiungere facilmente sia i paesi europei centrali e settentrionali che quelli che si affacciavano al Mediterraneo.

Non era l’unico porto in gara, ma aveva una dote particolare. Dopo la seconda guerra un trattato di pace stabiliva che questo porto, e solo questo, sarebbe satato un porto franco, libero da tasse e balzelli per le merci che vi transitavano o vi venivano lavorate.

Una possibilità che per decenni non venne presa in considerazione, ma ora rappresentava la carta vincente.

Un giovane manager veneto che prima aveva gestito il terminal dei trasporti marittimi venne scelto dai governanti e messo a capo del sistema portuale che prima era stato gestito da una donna, il che non è male di per se, ma il problema era che lo aveva gestito male influenzata, dicono, dal suo compagno, un esponente politico della destra e massone.

Iniziò per il porto adriatico un periodo di grandi speranze. Contatti internazionali consentirono aperture prima nemmeno immaginate. Per la città sonnolenta si prospettava una forte rinascita, un risveglio che avrebbe portato nuova linfa vitale, nuovi prodotti e molto lavoro.

La borghesia cittadina. o almeno quella sua parte che viveva di speculazioni finanziarie e guardava famelicamente all’area del porto vecchio in centro, rimase attonita. Intanto il giovane manager veneto dette una nuova spinta imprenditoriale alla vicenda, dialogando con le istituzioni, il potere, ed anche con i lavoratori, ottenendo grande consenso.

Ma si rendeva conto di calpestare troppi piedi? Certo che sì, ma il gioco valeva la candela, trattandosi del futuro di generazioni che non sarebbero state costrette ad emigrare.

Sembrava una marcia trionfale, finché – era lo scorsdo dicembre – non arrivò in città l’ambasciatore rappresentante del paese pià ricco del mondo che era anche il tutore militare di tutta quell’area e dell’Italia.

L’ambasciatore incontrò ufficialmente i rappresentanti del potere comunale, regionale e statale, persino il capo dell’autorità portuale. A tutti disse: “La Via della seta non s’ha da fare. Punto.” Perchè il suo paese era in una specie di guerra economica, ma forse anche peggio, con il gigante d’Oriente.

C’è chi dice che l’ambasciatore non incontrò soltanto le autorità, ma ebbe anche riunioni con gli “amici”, membri della libera muratoria, storicamente legata al suo paese sin dal dopoguerra quando i suoi avevano governato per un decennio la città ed il suo porto. Anzi, furono proprio gli americani per primi ad utilizzare il porto franco per installarvi proprie produzioni “off shore”. Tante donne ancora ricordano una fabbrica di scarpe “fortunate” (Lucky shoe) dove avevano lavorato sodo, senza tutele sindacali e diritti.

E’ molto probabile che l’ambasciatore abbia svelato ai fratelli muratori il desiderio di levar di torno chi aveva realizzato scelte che la grande potenza di oltreoceano non gradiva.

Passarono pochi mesi e partì un esposto, o una denuncia, ad un’autorità anticorruzione.

Ma nessuno era stato corrotto, ed è pure strano, trattandosi di quel tipo di paese in cui la corruzione è quasi la norma, troppo spesso tollerata. Ma bisognava trovare un cavillo e gli avvocati (ce n’erano di bravi ed ammanigliati) accusarono il manager portuale di “conflitto d’interessi” virtuale, anzi teorico, dato che si era spogliato delle proprie deleghe precedenti consegnando tutta l’attività ad altri.

Ma poco importa. Il manager venne tolto di mezzo. Pareva che la muratoria e l’ambasciatore avrebbero potuto festeggiare e brindaree a champagne, se non fosse successa una cosa strana. La città ed i lavoratori per primi capirono che stavano rinunciando al proprio futuro per gli interessi della potenza oltreoceano. Ed andarono a manifestare. I potenti locali dovettero prendere posizione sapendo che ne avrebbero dovuto rispondere agli elettori.

I fratelli muratori della loggia ora aspettano di vedere che succederà. Hanno palesato la propria forza e gli agganci internazionali. E chi siede a Roma deve scegliere, sapendo che dovrà renderne conto.

E’ andata proprio così? Noi pensiamo che potrebbe essere andata così, anche se non ne abbiamo le prove. Diciano allora che la storia, questa brutta storia, è verosimile. Forse anche vera.