Il 10 aprile 1941, l’Italia attaccò la Jugoslavia, unendosi all’aggressione tedesca di alcuni giorni prima. La preponderante forza militare tedesca portò alla veloce capitolazione jugoslava ed alla spartizione del suo territorio. All’Italia venne annessa Lubiana (odierna capitale della Slovenia) e la sua “provincia” oltre ad altre zone della Dalmazia, ed il Re d’Italia divenne anche Re del Montenegro. Interessante notare che nei documenti italiani dell’epoca si parlava di ” guerra in Balcania”, non riconoscendo alcuna legittimità all’allora Regno di Jugoslavia.
L’occupazione nazifascista della Jugoslavia è durata fino a maggio 1945, cioè fino alla fine della seconda guerra mondiale. Secondo gli storici, le vittime di questa occupazione, in gran parte civili, furono non meno di un milione di persone. Non solo i nazisti si resero responsabili di indicibili atrocità nei confronti della popolazione civile, ma anche l’esercito italiano: fucilazioni di massa, villaggi dati alle fiamme, deportazione e internamento di migliaia di civili. Basta fare una gita nei tanti paesini appena oltre confine per rinvenire ovunque le memorie delle sofferenze inflitte dall’occupazione italiana.
Eppure di tutto ciò gli odierni politici italiani non parlano mai. E nemmeno se ne parla a scuola. Le giovani generazioni ignorano totalmente questi fatti, salvo alcune lodevoli eccezioni di giovani studiosi e grazie all’opera di qualche insegnante illuminato.
Invece da anni prosegue incessante l’opera di diffamazione e denigrazione della resistenza e della lotta partigiana che si sviluppò subito nella Jugoslavia occupata e poi anche in Italia, quando il popolo italiano cominciò a rendersi conto del baratro in cui il fascismo l’aveva fatto precipitare.
Tra i tratti caratteristici e più attuali della Resistenza in questa nostra Regione vi è certamente quello della saldatura e della solidarietà che si sviluppò tra partigiani italiani e jugoslavi. Forse la prima vera e propria battaglia della Resistenza avvenne a Gorizia, dove i lavoratori del cantiere di Monfalcone si saldarono ai lavoratori, italiani e sloveni, delle fabbriche del goriziano, per cercare di respingere l’arrivo delle armate tedesche dopo l’8 settembre. In un ottica di pace tra i popoli, sì tratta di un valore aggiunto che andrebbe esaltato e valorizzato. In questo spirito si mosse sempre, durante il suo mandato, il miglior Presidente che l’Italia abbia mai avuto: Sandro Pertini. Invece è proprio questo che la destra italiana non riesce a sopportare. La Giunta di destra di Gorizia, allineata sulle posizioni della Lega Nazionale, vuole fare scrivere su un monumento (replica di uno già esistente) che “partigiani comunisti filo-jugoslavi” furono responsabili di deportazioni e uccisioni. E la Giunta di destra di Trieste, subito imitata dalla omologa Giunta di Monfalcone, vuole celebrare il 12 giugno come data della “liberazione” dalla occupazione dal “cosiddetto esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo” .
Esattamente quindi come fece il fascismo, gli odierni politici della destra non riconoscono alcuna legittimità al “cosiddetto” “esercito” (con la e minuscola) Popolare di Liberazione Jugoslavo, che invece, a tutti gli effetti ed in tutti i trattati di pace sottoscritti anche dall’Italia, è considerato uno degli eserciti “alleati” che hanno liberato l’Europa dal nazifascismo.
E inoltre, se per tutta l’Italia la “liberazione” è il 25 aprile, le destre locali da sempre disconoscono questa data e sostengono che la “liberazione” sia quella del 12 giugno. La storia, quindi, viene ribaltata. L’Italia, che aveva aggredito e occupato la Jugoslavia, diventa la vittima dei cattivi comunisti jugoslavi e dei loro “fiancheggiatori” italiani.
Come comunisti italiani denunciamo apertamente queste iniziative come iniziative menzognere e sostanzialmente giustificazioniste del fascismo. Non ci adegueremo mai a questo ribaltamento della storia, offensivo soprattutto nei confronti di coloro che hanno sofferto le persecuzioni nazifasciste e delle tante famiglie italiane e slovene delle nostre terre che hanno avuto congiunti caduti nella lotta di Liberazione (quella con la L maiuscola).
Ottavio Romano
(Segretario Regionale PCI Friuli Venezia Giulia)
Dopo il sindaco di Trieste, anche quelli di Gorizia e di Monfalcone hanno deciso di proclamare “festa della liberazione” il 12 giugno (1945), quando le truppe jugoslave lasciarono le città della regione. Siamo sconcertati da tanta approssimazione. Ribadiamo una lettura della storia che vede nell’aggressione nazifascista a Paesi liberi la causa di ogni violenza e crimine, all’interno di un conflitto mondiale che ha fatto contare sessanta milioni di morti. L’armata jugoslava faceva parte dello schieramento delle truppe alleate, riconosciuta dalle maggiori democrazie del tempo, e ha contribuito a mettere fine all’orrore nazifascista, dopo una guerra di Liberazione del proprio territorio occupato e martoriato dalle truppe di occupazione italiane e tedesche.Le amministrazioni di estrema destra delle nostre città si stanno impegnando in una guerra delle date che sarebbe ridicola se non fosse tragica, contrapponendo il 12 giugno al 25 aprile, così come il 10 febbraio al 27 gennaio. Apprezziamo quanto affermato da Patrick Karlsen che, “da cittadino e non da storico”, rileva “un tentativo di contrapporre la presunta liberazione dall’occupazione jugoslava alla liberazione nazionale. Una scelta che non condivido e respingo con nettezza”.A questo punto quale sarà la prossima proposta? Attendiamo con ansia la celebrazione dell’ingresso a Trieste delle truppe naziste, oppure una festa del collaborazionismo.
Roberto CrtiscitielloSegretario regionale Rifondazione Comunista