“Più di 20 anni dopo la caduta del muro di Berlino e il collasso dei regimi totalitari e repressivi del blocco dell’Est, i comunisti di Cipro continuano a vivere nell’epoca della guerra fredda…”. Così, uno dei giornali “borghesi” ciprioti, ha commentato il 21° congresso dell’Akel, il partito progressista del popolo lavoratore, la forza comunista e marxista-leninista che governa l’isola mediterranea con oltre il 30% dei consensi e che nel 2008 è riuscito ad eleggere il presidente della Repubblica, il compagno Demetris Christofias, già segretario nazionale dell’Akel.
Certo che per i conservatori ciprioti dev’essere proprio uno shock vivere nell’unico paese dell’Unione Europea governato dai comunisti. La felice anomalia cipriota ci da il senso dell’impresa titanica che sta portando avanti l’Akel: governare da comunisti un paese dell’UE in piena crisi economica, l’unico diviso da un muro ed occupato, quasi per metà, da un paese straniero, la Turchia.
Fondato nel 1926 come KKK, Partito Comunista di Cipro, fu messo fuori legge dagli inglesi che colonizzavano l’isola e, nel 1941, cambiò nome in Akel proseguendo la sua lotta anticoloniale nella clandestinità.
I comunisti dell’Akel furono importanti sostenitori di Makarios, l’arcivescovo ortodosso che governava il paese ed era divenuto esponente di primo piano del movimento dei paesi non-allineati. Makarios si batteva contro la giunta dei colonnelli in Grecia e divenne inviso agli americani, che cercarono di eliminarlo per impedire che Cipro divenisse la Cuba del Mediterraneo.
Nel 1974 i colonnelli greci sostennero con successo un colpo di stato a Cipro contro Makarios e la Turchia intervenne militarmente invadendo l’isola a difesa della comunità turco-cipriota. Da allora Cipro ha ripristinato la democrazia, ma non è riuscita a porre fine all’occupazione turca.
In questo contesto si comprendono meglio le ragioni storiche del successo dell’Akel: il partito che si è battuto contro il fascismo dei colonnelli greci, contro l’invasione turca e contro il nazionalismo filo-greco (di coloro che vogliono l’Enosis, ovvero che Cipro divenga un’isola greca). Le posizioni dell’arcivescovo Makarios, leader storico di Cipro, erano molto vicine a quelle dell’Unione Sovietica e, pertanto, nell’Isola il ruolo del blocco comunista viene considerato in una prospettiva particolare: come perno fondamentale per la lotta anticoloniale (contro l’Inghilterra), antifascista (contro i colonnelli greci) e di liberazione (contro la Turchia, membro della NATO).
Akel ha saputo stare nella temperie politica cipriota con grandissima abilità: ha stabilito un rapporto diretto e saldissimo con larghi strati della popolazione, ha adottato lungimiranti politiche di alleanze nel corso degli anni, ha saputo tessere una fittissima rete di relazioni internazionali, ha saputo stabilire una connessione sentimentale con il proprio popolo prospettando soluzioni credibili per il “problema di Cipro” (come viene definita la divisione del paese).
Il Governo di Christofias si trova a fronteggiare grandi problemi: trovare una soluzione per il problema di Cipro ed affrontare la crisi economica internazionale.
La proposta di Christofias e dell’Akel è chiara: la creazione di uno Stato unitario cipriota, bizonale e federale, che riconosca uguali diritti a tutta la popolazione cui verrebbe attribuita un’unica cittadinanza. Christofias ha anche proposto una alternanza alla presidenza della repubblica (4 anni ai greco-ciprioti e 2 anni ai turco-ciprioti, con tutta la popolazione che vota per il candidato turco o per quello greco).
I negoziati, però, al momento sono bloccati. L’elezione, nel 2009, di Derviş Eroğlu alla presidenza di Cipro del Nord ha notevolmente complicato le trattative, che, invece, con il precedente presidente, Mehmet Ali Talat, si erano spinte molto avanti.
In economia Christofias ha favorito la spesa pubblica nel sociale e nei sussidi alle fasce più deboli della popolazione, che comprendono i numerosi immigrati
presenti a Cipro. Sono state poi avviate importanti riforme per gli enti locali e una imponente riforma del sistema dell’istruzione. È qui che si vede il segno del governo dell’Akel, radicalmente alternativo a quello di tutti gli altri Stati europei che hanno affrontato la crisi salvando le banche e facendo pagare il conto ai cittadini.
L’azione del governo di Christofias si trova a dover affrontare problemi di coalizione. I due partiti che, insieme all’Akel, lo sostengono in Parlamento non sempre lo fanno con la dovuta lealtà e Kiprianou, il segretario del partito, ha dedicato a questo punto un lungo passaggio della sua corposa relazione al Congresso (2 ore e 45 minuti…), ricordando agli altri partiti della coalizione che Akel aveva sempre sostenuto i presidenti precedenti, pur senza essere nella compagine di governo.
La cronaca del congresso ci consegna la rielezione di Andros Kiprianou a Segretario Generale del Partito e l’elezione di 105 membri del Comitato Centrale (eletti con voto segreto dai delegati che avevano la possibilità di esprimere 80 preferenze scegliendo tra i circa 130 candidati presentati dalla commissione elettorale, un sistema di voto assai interessante…).
Certo, il tema della trasformazione della società in senso socialista non è all’ordine del giorno per Akel, ma un forte partito comunista, saldissimo nei principi e nell’organizzazione interna, quanto scevro da settarismi ed aperto e dialogante all’esterno è una piccola boccata d’ossigeno in questa Europa segnata dal pensiero unico neoliberista dettato dalla Commissione e dalla BCE.