E’ perfettamente comprensibile la rabbia di tanti cittadini che fanno la fila per firmare i referendum elettorali. Dovuta in primo luogo alla crisi economica, politica e morale che ha colpito anche il nostro Paese ed alla quale il Governo del Cavaliere risponde con la solita macelleria sociale, colpendo i ceti deboli e produttivi pur di salvare gli interessi delle classi ricche.
L’ira, lo sconcerto, la protesta si rivolgono anche verso il parlamento dei nominati, prono e disciplinato quando si tratta di votare provvedimenti iniqui o leggi “ad personam”, ma poco sensibile ai veri problemi della gente, a cominciare dai diritti al lavoro, al sapere, alla salute. Un parlamento in cui, grazie all’attuale legge elettorale, con un terzo dei voti la destra ottiene una straripante maggioranza di deputati.
C’è chi ne approfitta e propone drastiche limitazioni alla democrazia rappresentativa, cancellandone le espressioni più genuine in nome del risparmio, lasciando invece in vita insostenibili privilegi el potere ed un apparato burocratico di sottogoverno fonte di enormi sprechi. Si propone la soppressione delle provincie, ma si vorrebbe lasciare in vita le prefetture, lascito del centralismo statale. Si colpiscono le pensioni, ma si continua a spendere miliardi per guerre imperialistiche di conquista nelle regioni petrolifere.
E’ ormai indubbio che i disagi del popolo non siano rappresentati laddove si formano le decisioni, nel parlamento, dove persino l’opposizione è balbuziente, debole ed indecisa. E ciò giustifica l’esigenza di una riforma che restituisca agli organi costituzionali il potere e la rappresentatività degli interessi popolari. E quindi la necessità di una nuova legge elettorale.
L’on. Stefano Passigli del PD aveva, con un gruppo di giuristi, proposto un referendum per abrogare alcune parti della legge Calderoli (“Porcellum”) tornando al principio proporzionale – una testa, un voto che abbia lo stesso diritto ad essere rappresentato – senza premi di maggioranza e senza sbarramenti contro le forze minori, espressione di maggiore radicalità politica. Non poteva, questo referendum, restituire al popolo il diritto ad esprimere preferenze individuali essendo abrogativo e non propositivo. Il diritto degli elettori ad esprimerle dovrebbe essere comunque riconosciuto con un’integrazione legislativa delle camere.
La proposta, per me condivisibile, venne purtroppo ritirata su pressioni del gruppo dirigente del maggior partito di opposizione, ancora invaghito del principio maggioritario che ci ha regalato gli ultimi anni di berlusconismo e da un bipolarismo che nei fatti gli italiani continuano a rifiutare.
A questo punto venne proposto e sostenuto dagli stessi il referendum che abrogando gin totoh il Porcellum avrebbe, a detta dei proponenti, resuscitato il sistema elettorale precedente, detto gMattarellumh. Quello, per intenderci, che prevedeva per il 75% dei seggi l’elezione in collegi territoriali uninominali, a maggioranza semplice, ed un grecuperoh proporzionale per il restante 25% dei seggi.
Si votava, come ricordiamo, con tre schede. Nessuna preferenza, candidature imposte dall’alto anche in questo caso e, ciliegina sulla torta, lo scandalo delle “liste civetta” utili a recuperare un po di seggi con un trucco da magliari.
I promotori del referendum promettono quindi il ritorno automatico a questo sistema, dimenticando peraltro che nel frattempo un’ altra legge aveva istituito 18 seggi (12 deputati e 6 senatori) in rappresentanza degli Italiani all’estero. Che fare? Aumentare il numero di deputati a 642 e dei senatori a 321? Rifare completamente i collegi territoriali, riducendoli di numero con una nuova legge?
La verità invece è ben più semplice. La proposta per la quale la gente viene invitata a firmare ai banchetti verrà quasi sicuramente respinta dalla Corte costituzionale che già nel 1987 aveva stabilito che gl’organo a composizione elettiva formalmente richiesta dalla Costituzione, non può essere privato, neppure temporaneamente, del complesso delle norme elettorali contenute nella propria legge di attuazione. Tali norme elettorali potranno essere abrogate nel loro insieme esclusivamente per sostituzione con una nuova disciplina , compito che solo il legislatore rappresentativo è in grado di svolgere.h Principio ribadito da tutta la giurisprudenza successiva.
I promotori del referendum lo sanno bene ed hanno già messo le mani avanti dichiarando che le firme raccolte saranno comunque “uno stimolo” al parlamento affinché affronti il problema.
Ma intanto si sarà perso del tempo prezioso. Il fatto è che tra le forze attualmente presenti in parlamento non c’è accordo sul nuovo sistema elettorale da adottare. Nel PD ci sono sostenitori del maggioritario, altri che preferiscono il modello tedesco, mentre l’on.Violante aveva elaborato una proposta che prevede per il 70% dei seggi l’elezione a due turni con ballottaggio ed il 30% di proporzionale. Gli altri, non si sa. Eppure dovrebbe essere chiaro a tutti che una legge elettorale ha bisogno della condivisione sia di partiti di governo che di opposizione, essendo una riforma di sistema che almeno all’apparenza dovrebbe risultare neutra e di tutela dei diritti di rappresentanza.
Una prova alla quale ben difficilmente le forze politiche attualmente presenti in parlamento potranno sottrarsi, a meno che non abbiano già messo in conto la possibilità, per me tutt’altro che remota, che alla fine si torni a votare con la “porcata” di Calderoli, aggiungendo il danno alla beffa.
Stojan Spetič, segretario regionale del PdCI- Federazione della Sinistra