Il 23 agosto scorso in Cile, i 750.000 iscritti della CUT (Centrale Unitaria dei Lavoratori) sono stati chiamati a rieleggere i 60 consiglieri che compongono la sua istanza dirigente.
Alla consultazione sono state presentate quattro liste: la lista A (“Alternativa unitaria”) diretta dal sindacalista del petrolio, democratico cristiano, Nolberto Diaz, la lista C (“I lavoratori al potere”) condotta dall’estrema sinistra del MIR e soprattutto le due liste principali: la lista D (“Autonomia sindacale”) della direzione uscente riformista, diretta dal socialista Arturo Martinez, alla testa della centrale da dodici anni, che sostiene un sindacalismo di cogestione; la lista B (“Unità e lotta”), guidata dai dirigenti sindacali comunisti, Barbara Figueroa, del sindacato degli insegnanti, e Cristian Cuevas, segretario del sindacato dei minatori del rame (CTC). {jcomments on}
I risultati definitivi comunicati il 27 agosto confermano la vittoria della lista sostenuta dal Partito comunista, con 320.000 voti (44%) e 27 delegati, davanti alla lista della direzione uscente con 300.000 voti (42%) e 25 delegati. La lista A, democratica cristiana, ottiene 98.000 voti (13%) e la lista C, di estrema sinistra, 6.000 (1%).
La vittoria è storica. Da quarant’anni i comunisti non erano più alla testa della confederazione sindacale storicamente egemone in seno alla classe operaia cilena.
Un significativo effetto della stagione di lotte che sta attraversando il Cile da oltre un anno.
Fonte cutchile.cl