Bamboccioni a lavorare!

{jcomments on}Si dice: «l’istruzione fa la differenza», perché permette di aumentare sia la produttivita generale che lo stipendio individuale. Quindi, cosa fa questo governo? Permette di trascorrere l’ultimo anno di istruzione obbligatoria (il secondo anno delle superiori, in un percorso regolare) sotto forma di «contratto d’apprendistato». Gli «accordi di Lisbona», nel 2000. avevano fissato l’anno appena iniziato come il traguardo da tagliare per una matura «economia della conoscenza». Ben arrivata, Italia!

La Commissione lavoro del Senato, ieri mattina, ha approvato un emendamento – presentato dalla maggioranza – al disegno di legge sul lavoro, collegato alla Finanziaria. In cui e previsto che l’apprendistato possa valere a tutti gli effetti come assolvimento dell’obbligo dell’istruzione. Avete  presente quel che fanno gia spontaneamente molti genitori poveri, nei territori piu arretrati? Non mandano piu i figli a scuola, perché servono le loro braccia per portare a casa qualche euro in piu. Si chiama «dispersione scolastica» e viene da decenni combattuta in molte forme. Ora non piu. Diventa legalissima, anzi, equivale «quasi» a un titolo di studio, purché avvenga «solo» tra i 15 e i 16 anni di eta. Un ministro incommentabile come Maurizio Sacconi ci ha tenuto a rilasciare il suo personale giudizio su questa misura: «Non si tratta per nulla di anticipare l’eta di lavoro, ma di consentire il recupero di un giovanissimo demotivato a seguire gli altri percorsi educativi attraverso una piu efficace modalita di apprendimento in un contesto lavorativo. Si tratta in ogni caso di una possibilità in piu e del riconoscimento comunque che il lavoro e parte del processo educativo di una persona». C’e da pensare, dunque, che si possa prima o poi essere messi al lavoro anche prima dei 15 anni, tanto sempre «educazione» e. Non a caso, il testo risulta in conflitto con almeno due leggi esistenti da molto tempo: l’obbligo scolastico e l’eta minima per poter lavorare, entrambe fissate a 16 anni.

Immediate le reazioni politiche e sindacali, con il Pd che tramite Fioroni – ex ministro dell’istruzione – parla di «inaccettabili salti indietro nella formazione»; l’Idv di «governo ignorante che incita all’ignoranza». La Cgil vi nota «l’abbassamento dei diritti», criticando la becera «propaganda» sui temi del «lavoro per i i giovani e la lotta al sommerso». Critiche senza appello arrivano anche dalle assai piu bendisposte (di solito) Cisl e Uil, che parlano di «emendamento da ritirare».

Tra l’allarmato e l’ironico, invece, la reazione dei diretti interessati. Mentre la Fgci invita il presidente Napolitano a non controfirmare il testo (che dovrebbe iniziare il percorso in aula gia lunedi prossimo), la Rete degli studenti coglie il nesso tra il testo e i fatti di Rosarno: «e ora tutti a raccogliere le arance!». Complice anche l’altro ministro, Brunetta, che nei giorni scorsi aveva straparlato di una «legge per mettere fuori di casa» chi aveva piu di 18 anni di eta. Il decreto lavoro, frutto di mediazioni con il Pd, contiene anche un’unica cosa positiva: il ripristino della gratuita per le cause di lavoro (che era stata cancellata proprio per scoraggiare i lavoratori dal far ricorso contro licenziamenti, ecc). Ma il punto sull’apprendistato «istruttivo» e davvero l’elemento che mette in chiaro l’idea di societa che anima questa maggioranza. I giovani in difficolta con l’assolvimento dell’obbligo scolastico sono, com’e noto, quelli con alle spalle famiglie decisamente povere. Avallare la possibilita di mandarli al lavoro appena un anno dopo la licenza media – a prescindere oltretutto dal merito scolastico – significa, com’e stato osservato subito, «bloccare la possibilita di mobilita sociale». Peggio ancora, visto che proprio ieri e stato approvato dalla Camera anche il regolamento di riforma delle superiori, che prevede tra l’altro a soprpessione di migliaia di cattedre. Il combinato disposto e quindi chiarissimo: chiudere con l’istruzione «diritto universale» e «risparmiare» sul personale, riducendo la platea dei potenziali «clienti». Persino il senatore Rusconi, del Pd, e stato costretto a riesumare la definizione di «indirizzo classista» per questo schema.

I Cobas, che ieri stavano protestando davanti Montecitorio insieme alla Cgil e altri settori del mondo della scuola, hanno percio confermato senza esitazioni lo sciopero generale della scuola, proclamato per il prossimo 12 marzo.

di Francesco Piccioni su “Il Manifesto”