Ciò che sta monopolizzando il nostro presente è la pandemia Covid19. In Italia ha colpito duro, specie in Lombardia, dove la maggiore parte delle industrie sono rimaste aperte e più di quattro milioni di operai si sono recati quotidianamente al lavoro in treni, autobus e metropolitane stipati fino all’inverosimile, i poteri locali non hanno impedito la partita con 50 mila spettatori italiani e spagnoli, i servizi sanitari erano allo stremo per le privatizzazioni degli ultimi decenni e chi ne ha sofferto di più sono stati gli anziani nelle case di riposo. Una strage.
Quello che stava succedendo in Italia ha spaventato il governo di Lubiana che ha socchiuso le frontiere inasprendo i controlli. Con proteste del solito Fedriga che un giorno i confini li vuole chiusi, l’altro invece spalancati.
Comunque la Slovenia ha introdotto un regime di distanziamento sociale e chiusura di varie attività in modo diverso rispetto ai vicini. Come nella vicina Croazia. Chiuse le attività industriali importanti, fermato il traffico pubblico (treni, bus), scuole, teatri e ristoranti. La popolazione invitata a tenere la distanza dagli altri e portare la mascherina. Consentite invece passeggiate nei boschi e nella natura. Alfine l’autodiscina ha dqato i suoi frutti. In Slovenia i contagiati ed i morti sono stati meno che nella sola città di Trieste, concentrati quasi tutti nelle case per anziani.
L’inizio dell’epidemia nella vicina repubblica ha coinciso col cambio di governo. Dal centrosinistra ad un governo di estrema destra. Dal comico Šarec al militarista Janša.
Fino a febbraio 2020 a Lubiana c’era un governo minoritario di “centro sinistra” che aveva concluso un accordo programmatico col partito della Sinistra unita. (Una situazione simile a quella del governo Prodi cui Rifondazione dette i voti che ne consentirono la nascita.)
Del governo, presieduto dal comico Marjan Šarec, già sindaco di Kamnik, facevano parte il suo partito personale (Lista di M. Šarec, LMŠ), il partito della ex premier Alenka Bratušek (SAB), e dell’ex premier Miran Cerar (SMC, partito di M. Cerar, poi cambiato in Partito del centro moderno). Infine anche il Partito dei pensionati e quello socialdemocratico.
Nella storia politica parlamentare slovena ogni tornata elettorale compare al centro un gruppo politico con un leader che ottiene la fiducia degli elettori facendo molte promesse. Di solito forma un governo di tendenza liberale che dura pochi anni e si infrange contro ogni scoglio o difficoltà emergente.
Così è stato anche per il governo Šarec che i primi mesi aveva rispettato l’accordo programmatico con la Sinistra approvando importanti norme sociali (pasti gratis nelle scuole, aumento delle pensioni, salario minimo garantito) ma si è incagliato di fronte ad un punto qualificante che andava a toccare interessi del capitale finanziario: l’abolizione dell’assicurazione obbligatoria per una mutua sanitaria privata. Ogni cittadino sloveno paga infatti mensilmente 35 euri per prestazioni sanitarie che potevano essere coperte dal servizio pubblico pagato con il sistema fiscale.
L’accordo è saltato per l’intervento massiccio delle lobby delle assicurazioni private anche per l’ignavia dei socialdemocratici che pure avevano (a parole) sostenuto questa battaglia.
A questo punto i partiti neoliberali (SMC e pensionati) hanno fatto il salto della quaglia alleandosi con l’estrema destra rappresentata dal partito democratico sloveno (SDS) di Janez Janša, che alle ultime elezioni aveva preso circa il 25% dei voti, ma non era riuscito a formare una coalizione. Con l’aiuto dei democristiani (NSI) e dei nazionalisti di Zmago Jelinčič nonchè dai due deputati garantiti delle minoranze italiana ed ungherese è stata raggiunta una forte maggioranza di destra. All’opposizione sono rimasti, assieme alla Sinistra unita, i socialdemocratici, i seguaci del premier spodestato e i deputati di Alenka Bratušek.
Insomma, I partiti liberali di centro hanno gettato la maschera e di fronte agli interessi del capitale finanziario non hanno avuto remore e tradire i propri elettori, rischiando peraltro di sparire alle prossime elezioni.
Senza rinunciare al proprio linguaggio arroganbte e militarista il nuovo premier Janša ha fatto della epidemia Covid19 il pretesto per “orbanizzare” la Slovenia. Del resto è noto che proprio il premier ungherese Orban finanzia abbondantemente il partito democratico SDS ed i suoi media stampati e tv.
Il governo ha chiesto pieni poteri (per combattere l’epidemia) specie all’esercito cui si vorrrebbe dare i compiti repressivi della polizia. Senza attendere il voto del parlamento (due terzi, finora non raggiunti) il governo ha già ordinato per l’esercito manganelli, caschi, scudi e tutto l’armamentario per la repressione di eventuali manifestazioni popolari.
Sono in corso forti campagne anticomuniste, di revisione storica, il dilleggio di ogni dissenso, pressioni sui giornali e la TV di stato. Janša sin dal primo giorno ha sostituito i capi delle forze armate, della polizia, dell’Ufficio anticorruzione, dei servizi segreti… Ora tenta di cambiare anche i vertici della tv di stato per avere sotto controllo i mass media.
I giornali e la TV danno molto fastidio al governo di destra perché hanno scoperto uno scandalo di orribili speculazioni durante l’acquisto delle mascherine e di altro materiale sanitario (tute, respiratori) necessario per combattere il coronavirus. Mentre la Croazia aveva ordinato e ricevcuto tutto questo materiale dalla Cina attraverso contatti dirertti a livello tra stati, il governo di destra sloveno si è servito di strani intermediari locali, spesso ammanigliati con singoli ministri e politici, fino allo stesso vertice del governo. E’ scoppiato uno scandalo simile alle “mani pulite” della Milano ai tempi di Craxi. Lo scandalo è tale che il governo con la sua maggioranza di centrodestra ha pensato di far approvare al parlamento una relazione in cui si dice che “tutta la colpa è di chi ha governato prima”. Anche per la fornitura delle protezioni sanitarie, candendo nel ridicolo dato che il ministro responsabile Zdravko Počivalšek lo era anche nel governo precedente.
La gente a questo punto si è ribellata organizzando, pur nel rispetto delle regole di distanziamento, cortei di biciclette nei centri di Lubiana e delle altre città. Attorno al parlamento si è snodato un corteo di bici con almeno diecimila persone, in gran parte giovani.
Il movimento di protesta, sostenuto dalle opposizioni unite, ha deciso di continuare ogni venerdìm finchè il governo di destra non si dimmetterà permettendo elezioni anticipate, essendo ormai una riedizione di un governo di “centrosinistra” politicamente impensabile.
Il governo di destra comunque non sta con le mani in mano e si sforza di raccogliere consensi anche addottanto politiche sociali interessanti, come il finanziamento della riduzione dell’orario di lavoro e la chiusura dei negozi di domenica, raccogliendo una proposta della Sinistra unita.
La partita è aperta, le tensioni sociali stanno aumentando, tra le forze di opposizione si sta facendo strada l’idea di un’unità d’azione tra la lista del ex premier (LMŠ), quella dell’ex premier Alenka Bratušek (SAB), i socialdemocratici e la Sinistra unita. Nel caso di elezioni anticipate questa potrebbe essere un’alternativa valida anche se ci sono dei problemi irrisolti, come l’atteggiamento nei confronti della NATO e dell’UE.
PS: Per una migliore comprensione della collocazione dei partiti sloveni si possono fare questi paragoni. Il Partito democratico di Janša (SDS) è molto simile alla Lega di Salvini e dl Fidesz di Orban. Lo SMC del ministro Počivalšek, ora alleato della destra, assomiglia a Italia viva di Renzi, lo SNS di Jelinčič, a Fratelli d’Italia della Meloni, i due partiti liberali di centrosinistra – di Šarec e della Bratušek – graviterebbero attorno a Calenda o al PD, mentre i socialdemocratici, che fino a pochi mesi fa erano simili al PD di Zingaretti ora si sono leggermente spostati verso posizioni di sinistra moderata ed assomigliano al Mdp-Art.1 di Bersani. La Sinistra unita è un partito ecosocialista di ispirazione marxista.